Il 14 marzo il MoMa aprirà le porte per presentare al pubblico la prima grande retrospettiva dedicata a Marina Abramovic, uno dei personaggoi più noti dell'arte contemporanea e pioniera dell'arte intesa come performance.
La mostra si intitola The Artist is Present e propone circa 50 lavori scelti tra quelli realizzati in 40 anni di carriera artistica. All'interno della mostra verranno riproposte per il tramite di video e fotografie le sue performance più famose tra cui Nude with skeleton (2001-2005), dove una performer nuda si muove con uno scheletro addosso che le segue in ogni movimento.
Ma la mostra non si limita a questo, in occasione dell'esposizione al MoMa, la Abramovic è andata ancora oltre le sue opere realizzate finora e proporrà una nuova performance - la sua ultima sfida - The Artist is Present, che da anche il titolo all'intera esposizione. Durante il periodo della mostra l'artista siederà per sette ore senza dire una parola a un tavolo nel Donald B. and Catherine C. Marron Atrium, invitando passivamente gli spettatori a sedersi (per il tempo che vogliono) al suo tavolo; in un duro mutismo, gli avventori entreranno in tensione con lo sguardo di un’artista che ha fatto del proprio corpo la sua massima forma d’espressione.
In un'interesante intervista rilasciata al Corriere della Sera l'artista motiva le sue scelte e indica le ragioni che l'hanno portata a realizzare una performance di questo genere: «Ognuno può fermarsi di fronte a me quanto vuole: tre minuti o tre ore. In silenzio. Il contatto visivo non è facile, intimidisce parecchio. All’inizio - negli anni Settanta - le mie performance erano più drammatiche, più fisiche, duravano un’ora o due. Progressivamente si sono allungate: più tempo ci metti, più radicalmente trasformano te e chi osserva. La finzione si dissolve, tutto diventa realtà. Questo ti rende vulnerabile e la vulnerabiltà provoca una risposta emotiva dal pubblico ».
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